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Solo per la sua altezza: la storia di Weng Weng

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Il cinema filippino è sempre stato molto prolifico, ma fu solo negli anni ’60 che il mondo – un certo tipo di mondo – si accorse di lui.
Erano anni in cui, da loro come un po’ ovunque, si era scoperta l’exploitation, ovvero un modo economico per girare filmacci su sottoargomenti specifici (perlopiu’ action/horror o eccezioni meritevoli) che guadagnavano poi un fracco di soldi grazie ad attenti stratagemmi promozionali.
Ma le Filippine, rispetto ad altri paesi, avevano un asso nella manica: il Presidente Marcos.
Eletto nel 1965, Marcos era estremamente cosciente del potere del cinema sull’immaginazione del popolo. Lo usò come strumento di propaganda di preferenza – specialmente per coprire i suoi numerosi comportamenti dittatoriali – dopodiché introdusse sgravi fiscali e diversi vantaggi, non ultima la protezione militare, per incoraggiare produzioni estere a venire a girare dalle loro parti.
E indovinate chi ne approfittò per primo? Roger Corman.
Fu da quelle parti che nacquero, fra le altre cose, i grandi classici del filone “women in prison”, da The Big Doll House a Black Mama White Mama.
Ma il colpaccio fu ovviamente quando, nel 1977, arrivò Francis Ford Coppola, deciso a trasformare la giungla filippina nel Vietnam di Apocalypse Now.
Ora immaginate questo scenario: è il 1981, e sull’onda dell’entusiasmo Marcos organizza il più grande festival di cinema filippino della storia, proiettando il meglio del cinema nazionale e invitando stampa, produttori, distributori e star da tutto il mondo.
Per la stampa locale è ovviamente l’evento dell’anno, l’occasione per i talenti del posto di essere scoperti e magari sbarcare a Hollywood, anche se le star che si presentano sono gente del calibro di George Hamilton e i nostri Franco Nero e Fabio Testi.
Viene proposto il meglio a disposizione, ma nessun distributore sembra interessato.
Questo, finché non spunta fuori un film intitolato For Y’ur Height Only (= “Solo per la tua altezza”).
Si tratta di un piccolo film indipendente che non fa realmente parte del festival, ma che uno scaltro distributore locale aveva iniziato a far girare giocandosi il tutto per tutto.
Il protagonista di For Y’ur Height Only è Weng Weng, un nano alto 83cm, nel ruolo di un improbabile agente segreto: viene proposto come “James Bond per bambini” e, sull’onda dell’insolito effetto freak, finalmente qualcuno si interessa e ne compra i diritti.
A festival finito, il film di Weng Weng rimarrà l’unico ad aver ottenuto la gita premio nel resto del mondo.
Immaginate la stampa locale.
Immaginate la faccia di Marcos.
Ma ora cedo la palla al nostro Luotto Preminger, che vi racconterà For Y’ur Height Only.

Fancalcisti e fancalciste, vi presento Weng Weng

Fancalcisti e fancalciste, vi presento Weng Weng

Tutto si può dire di For your height only, ma non che non abbia uno dei titoli più belli della cinematografia mondiale: perché non è soltanto un gioco di parole che fa ridere e ci introduce subito ai due temi portanti del film (nani e parodie di Bond), ma è anche un’affermazione VERISSIMA: il solo motivo per cui questo film esiste, e il solo motivo per cui a noi interessa vederlo, è l’altezza del suo protagonista Weng Weng.
Weng Weng era un nostro amico ed era, soprattutto, un nano primordiale alto ottantatré centimetri. Che cosa sono i nani primordiali, mi chiedete? Grazie per la domanda. I nani primordiali sono i nani affetti da una rara forma di nanismo (nani rari!) che inizia a manifestare i suoi effetti già sul feto, prima della nascita; rispetto ai classici nani acondroplasici (tipo Peter Dinklage e Wee Man, per dire), i nani primordiali sono più proporzionati, senza bozze frontali o gambe inarcate, ma restano piccini piccini, dei veri e propri ometti in miniatura con la vocina stridula e, ahiloro, un’aspettativa di vita piuttosto bassa. Esempi di nani primordiali famosi: Nelson de la Rosa, Weng Weng – e fateci caso: entrambi sono puntualmente la cosa migliore dei film in cui compaiono, ed entrambi ci hanno salutato troppo presto.

For your height only è il film che ha lanciato Weng Weng trasformandolo in una star nelle natìe Filippine. Di solito a questo punto mettiamo una sigla, e invece stavolta – ci vogliamo rovinare – vi mettiamo né più né meno che il film tutto intero per davvero. Buona visione.

Ecco.
Se non avete avuto voglia di vedere tutto il film, vi dico quello che ho pensato io mentre l’ho guardato.
Tolta l’ovvia esaltazione iniziale nel vedere le prime brevi scene in cui ci viene presentato Weng Weng (che corre, spara, salta dai tetti, bravo Weng Weng!), nei primi venti minuti ho fatto una fatica bestia a non chiudere tutto e mettermi a giocare a Pong.
Il fatto è che questo film (da qui in avanti FYHO) è innegabilmente, con tutta la buona volontà e tutto il bene che si può volere a una parodia dei film di spionaggio con Weng Weng al posto di tutti quegli inglesacci là – questo film è una poverata filippina del 1981, semiamatoriale e semicomevieneviene, dove il ritmo non esiste e la sceneggiatura nemmeno: ci sono soltanto gli attori che dicono le prime cose che verrebbero in mente a chiunque per far procedere la vicenda (non mi spingo a chiamarla “la trama”) in una palese atmosfera generale da “buona la prima”.
Sì, ci sono scene d’azione – risse, scazzottate e sparatorie, e Weng Weng tra l’altro vantava una discreta infarinatura di arti marziali, avendole praticate sin da giovane. Ma: ve l’ho già detto che è alto ottantatré centimetri?

Weng Weng ha un jetpack

Weng Weng ha un jetpack

Vedo di spiegarmi bene, perché questo è il punto fondamentale: FYHO ha, o vorrebbe avere, un tono leggero da action comedy, ma non è mai scopertamente comico. È proprio per questo che, sulle prime, e nell’indiscutibile incompetenza generale del girato, non si sa bene che pesci pigliare: le scene di lotta non sono serie o realistiche (e come potrebbero? C’è Weng Weng contro dei normoalti che tira calcetti e pugnetti, e sconfigge tutti subito) ma neanche buffe, non ci sono idee divertenti che sfruttino o evidenzino in maniera originale il divario di altezza tra l’eroe e i cattivi. Ci sono solo delle risse girate male e montate peggio in cui un tipetto che non dovrebbe vincere vince, e passato l’entusiasmo iniziale per l’altezza del protagonista, quel che rimane è una noia vigliacca.
Questo per i primi venti minuti di film. Poi mi è successa una cosa che non mi aspettavo minimamente. È successo che (al netto dell’amatorialità e della povertà del tutto, che non si discutono) di fronte ai miei occhi tutti quei difetti si sono tramutati in un punto di forza, l’unico merito (non certo artistico, semmai, boh? Storico-sociologico?) per il quale FYHO mi ha fatto quantomeno sorridere. Come dicevo prima: da un lato il film non è mai serio, ma dall’altro non si azzarda mai a ridere DEL suo protagonista, non si fa mai beffe della sua altezza, e anzi lo fa assurgere CON TOTALE SINCERITÀ a eroe del film, nano o non nano. L’altezza dà a Weng Weng giusto qualche vantaggio nelle scene di lotta (ad esempio tira forti calci nei coglioni a tutti, passa sotto le gambe della gente, arriva di soppiatto), ma non ci sono mai biechi momenti di sfruttamento nani a uso persone non-nane, tipo la lotta con Mini-me in Austin Powers 2. Il bello di FYHO, l’unico bello, è che è un (poverissimo, zoppicante, ok) veicolo per fare di Weng Weng una star in patria, senza che si subodori mai una puzza di fenomeno da baraccone. A paragone, trovo più circense (nel senso brutto e Mangiafuoco del termine) lo sfruttamento di Tony Jaa da parte di Prachya Pinkaew. Qui invece no: questo film vuole che il pubblico ami Weng Weng, che tifi per lui, non che rida di lui o ne osservi meravigliato le mirabili gesta atletiche in un corpicino così piccolo siore e siori, no. Weng Weng fa a botte, ammazza tutti i cattivi, bacia le belle donne e si intuisce chiaramente che se ne ciula pure una – POI è anche alto ottantatré centimetri, certo: è l’assunto di partenza, ma sorprendentemente il film non calca mai la mano su questo aspetto, al punto da relegarlo quasi a valore aggiunto. Nel senso: volendo, dopo un po’ te lo scordi pure, che è nano.

Weng Weng e le donne

Weng Weng e le donne

Sentite, siamo onesti. Lo so benissimo che deriva tutto dal fatto che FYHO è un filmetto pigro e povero concepito in quattro e quattr’otto: «C’abbiamo un nano agile che fa le arti marziali, buttiamo giù la prima scusa per fargli fare qualche scena di lotta.» Probabilmente gli autori non erano in grado di scrivere qualcosa di più complesso, o non ci hanno nemmeno pensato. Ma è un bene, perché – suo malgrado – questo è forse il primo film, e uno degli unici, interamente pensato per una star alta ottantatré centimetri, senza che questa particolarità fisica sia oggetto di scherno o (all’estremo opposto, ugualmente fastidioso) dia la stura a predichine sulla tolleranza e sui tipetti tutti speciali.
Per di più, da un certo punto in poi - sarà che ero meglio disposto – il film qualche idea divertente la trova pure, da Weng Weng che abbatte i nemici scivolando sul pavimento o lanciandosi giù dalle scale (metà della sorpresa sta nell’immaginare qualcuno fuori campo che letteralmente LO SCAGLIA nell’inquadratura), al duello col boss finale, un tal MISTER GIANT che, per non farci mancare niente, è un nano acondroplasico. La loro lotta è quanto di meno coreografico io abbia mai visto sullo schermo, però ehi, SHOWDOWN DI NANI.

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In conclusione, non riesco a definire questo film se non usando il secondo peggior aggettivo di sempre da usare per definire un film, ossia “SIMPATICO” (il primo è, ovviamente, “particolare”).
Però è proprio questo: un film brutto che, nella sua pochezza, trova per caso l’unico modo possibile per esaltare la sua star nana primordiale nel più semplice ma più efficace e più giusto dei modi.
Vince Weng Weng. Punto.

DVD-quote suggerita:

«Suo malgrado, un caposaldo del cinema di nani»
(Luotto Preminger, i400calci.com)

>> IMDb Trailer

Di nuovo la palla a Nanni Cobretti.

Proporzioni

Proporzioni

Weng Weng che vola col jetpack.
Weng Weng che si butta da una finestra usando un ombrello come paracadute.
Weng Weng che si nasconde SOTTO un cespuglio.
Otto anni fa, un regaz australiano di nome Andrew Leavold, proprietario di un videonoleggio chiamato “Trash Video”, grazie a queste ed altre scene va in fotta per Weng Weng e inizia a girare un documentario.
Diversi anni prima For Y’ur Height Only fu la sua introduzione al cinema filippino, di cui divenne immediatamente ghiotto, e la sua idea originale è partire dal nostro piccolo amico e fare una panoramica generale sulla filmografia di questo sottovalutato ma importante paese: Andrew recupera fondi, inizia a recarsi a Manila per raccogliere materiale e incontrare i protagonisti dell’exploitation filippina.
Propone il progetto in giro, gli rispondono “figo, ci interessa, te lo compriamo, ma lo facciamo finire a qualcun altro”: entra Mark Hartley, già noto per il documentario Not Quite Hollywood sull’exploitation australiana, e il risultato è il gemello asiatico Machete Maiden Unleashed.
Leavold si abbatte ma non demorde: modifica il progetto originale e lo dedica interamente a Weng Weng.
Del resto di lui non si sapeva praticamente nulla: i media locali furono imbarazzati dagli avvenimenti dell’81 e lo rimangono tutt’oggi. Per gli stessi filippini, Weng Weng è una meteora dimenticata e seppellita.

Andrew Leavold e il suo tatuaggio che non ammette repliche

Andrew Leavold e il suo tatuaggio che non ammette repliche

Andrew parte letteralmente alla cieca, ma pian pianino mette insieme i pezzi della vicenda.
Weng Weng nasce nel 1957 con il nome di Ernesto de la Cruz, ed è il più giovane di cinque fratelli.
Sopravvissuto miracolosamente alla sua particolare condizione, si appassiona alle arti marziali ed è proprio in una scuola di karate che conosce il produttore Peter Caballes, il quale ne rimane affascinato e, insieme alla moglie sceneggiatrice Cora, lo “adotta” introducendolo nel mondo del cinema, affibbiandogli il soprannome “Weng Weng” da un noto cocktail locale.
Gli aneddoti che seguono dipingono un quadro piuttosto ambiguo della situazione: dopo una serie di ruoli secondari anche a fianco di attori piuttosto noti, i coniugi Caballes creano per Weng Weng una serie di ruoli da protagonista che consistono non solo nell’agente 003 e mezzo di For Y’ur Height Only (secondo capitolo in una trilogia con Agent 00 e The Impossible Kid), ma anche in western come D’Wild Wild Weng e Da Best in Da West – tutta roba in cui tra l’altro per ovvi motivi si fa gli stunt da solo.
Realizzano il sogno della sua vita, ma approfittano anche della sua estrema ingenuità e – aldilà di tenerselo periodicamente in casa e portarselo pure in giro in vacanza – non lo pagano un solo centesimo.
A un certo punto si viene a sapere che, nonostante la vergogna dell’81, i coniugi Marcos avevano voluto conoscere Weng Weng e ci si erano affezionati, e scatta il colpo di scena: Imelda Marcos in persona, vedova dell’ex Presidente Ferdinand, è disponibile per un’intervista.
È la mossa che, insieme a una campagna su Kickstarter, fa decollare il documentario e lo porta al compimento.

Va tutto bene

Va tutto bene

The Search of Weng Weng viene indicato da IMDb per qualche motivo come un prodotto del 2007, anno in cui iniziò tecnicamente la produzione, ma soltanto ora è stato ultimato il montaggio definitivo e sta facando il giro dei festival: visto al Terracotta Far East di Londra alla presenza di uno straripante Leavold in persona, si tratta di un prodotto visibilmente più grezzo dei lavori di Hartley, un’opera di pura passione e sostanza, che mostra un angolo di cinema poco frequentato ma pieno di chicche e storie assurde, e si preoccupa di dare una dignità e un contorno umano a una storia che rischiava di rimanere confinata ai soli tormentoni di internet.
La sua arma in più è l’incredibile incontro con Imelda Marcos: avvicinare la vedova di un ex-dittatore morto in esilio per aver fatto assassinare un rivale politico e ottenere addirittura un invito alle celebrazioni del suo 83esimo compleanno solo per poterla intervistare su una meteora freak di 30 anni spalanca le porte su una serie di situazioni surreali irraggiungibili. Pensate ad ottenere un invito a un party privato di Berlusconi solo per chiedergli di Jimmy il Fenomeno e non ci siete nemmeno vicini.
Weng Weng fu abbandonato senza preavviso dai Caballes quando Cora venne eletta a consigliere comunale a Manila: tornò dalla sua famiglia, riprese la vita di prima senza fiatare e morì nel 1992 dopo una lunga malattia.
I Caballes non si fecero più sentire, ma pagarono per le onoranze funebri: di tutti i personaggi della vicenda, sono gli unici ad aver rifiutato di farsi intervistare per il documentario.
Oggi Andrew Leavold ha chiuso Trash Video e insegna storia del cinema filippino a Manila: ha vinto lui.

Sigla finale:


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